L'INFLUENZA DELLE EMOZIONI SULLA QUALITA' DEL SONNO DEL BAMBINO

Conoscere la fisiologia del sonno dei bambini fino a 3 anni e le sue differenze dal sonno adulto è molto importante per comprendere le caratteristiche del sonno infantile e sostenerlo nel migliore dei modi. Un aspetto al quale però si porta spesso poca attenzione riguarda le variabili relazionali e quanto queste possano influenzare il sonno del proprio bambino (e di tutta la famiglia).

Un recente studio svolto presso l’Università della Pennsylvania ha evidenziato come le emozioni provate dalla mamma fin dalla gravidanza possano influenzare non solo il temperamento del bambino alla nascita ma anche la qualità futura del suo sonno. Più nello specifico, l’emozione materna della gioia risulta essere un fattore protettivo e facilitante un buon sonno del bambino alla nascita, viceversa, una prevalenza di emozioni legate a stati ansioso-depressivi della madre in epoca gestazionale risulta essere correlata ad una maggiore possibilità di disturbi del sonno del bambino dopo la nascita.

Dopo la nascita, le emozioni di chi si prende principalmente cura del piccolo (caregiver), e quindi generalmente della madre, continuano ad influenzare in maniera importante la sua qualità del sonno. Il caregiver infatti svolge il ruolo di psicobioregolatore esterno del sonno del bambino, capace di fornire rassicurazione, protezione ma anche mediazione tra il bambino e i numerosi stimoli provenienti dall’ambiente esterno ed interno. Se il caregiver si trova in uno stato di disagio, con prevalenza di emozioni negative, questo avrà conseguenze sulle funzioni appena descritte e sullo stato biologico, emotivo e psicologico del bambino.

Un ulteriore elemento sul quale è importante riflettere riguarda l’ansia da separazione del bambino, ovvero quella risposta di stress e paura che si attiva nel momento in cui il caregiver si allontana da lui. Tale risposta tende a comparire attorno ai 6-8 mesi e perdurare per i primi tre anni di vita del bambino, manifestandosi soprattutto in quelle situazioni che attivano una risposta del sistema di difesa e paura: presenza di persone sconosciute, malattia e sonno. Se in questa fase il piccolo ricerca la vicinanza dell’adulto di riferimento per poter affrontare l’ansia provata ma l’adulto si trova già in una situazione di ansia, stress ed iperattivazione, il caregiver non sarà nelle condizioni di poter rassicurare e contenere il piccolo, che quindi manterrà un livello di stress più elevato, tale da influenzare il suo comportamento, il suo livello di attivazione e le sue difficoltà legate al sonno.

Quali possono essere le cause dello stress provato dal caregiver?

Al di là della specificità di ogni situazione personale e familiare esistono alcuni aspetti condivisi in termini sociali che possono facilmente avere delle ricadute sulla propria situazione. La cultura occidentale, orientata alla produttività ed autonomia, sostiene:

  • un recupero immediato (e contro natura) della donna dopo il parto,
  • un assestamento immediato (e quindi irrealistico) della famiglia appena costituita,
  • un rientro precoce della madre a lavoro, la quale però deve contemporaneamente svolgere in maniera diligente il ruolo di madre perfetta,
  • una indipendenza precoce (e contro natura) dal e del bambino.

Tutto questo causa un aumento dello stato di tensione e stress che l’intera famiglia si trova a vivere, con spiacevoli conseguenze sul benessere psicofisico personale, di coppia e del legame di attaccamento con il bambino.

L’allontanamento dai ritmi naturali, dall’importanza dello spazio di recupero e guarigione, dallo stare piuttosto che il fare, dal mantenere il contatto piuttosto che promuovere una autonomia precoce porta ciascuno di noi a vivere in uno stato continuo di allerta, aspetto che non favorisce in alcun modo il rilassamento, necessario anche per un buon sonno. Questo modo di vivere rischia di influenzare negativamente anche il sonno del proprio bambino, il quale necessita di un ambiente tranquillo e rassicurante per potersi lasciar andare al sonno.

Attraverso alcuni elementi ambientali facilitanti (temperatura adeguata della stanza, buio e silenzio) e di una presenza rassicurante, favorita da contatto, contenimento e movimento, il piccolo potrà con il tempo regolarizzare il suo ritmo sonno-veglia, accogliendo con serenità i segnali interni che indicano la sonnolenza. Viceversa, l’ambiente frenetico tipico della nostra cultura porterà facilmente il bambino a resistere a ogni segnale interno o esterno, causando progressiva stanchezza, irritabilità e difficoltà ad affidarsi e lasciarsi andare.

 

Cosa fare quindi per favorire un buon sonno del proprio bambino?

-conoscere la fisiologia del sonno infantile fino ai 3 anni (diversa da quella dell’adulto);

- predisporre l’ambiente e le attività che precedono la nanna diminuendo gli stimoli e favorendo lo stato di rilassamento;

-prendersi cura di sé, del proprio riposo, delle attività centrate sull’essere e sullo stare diminuendo il più possibile il livello di iperattivazione che la famiglia si trova a vivere.

 

Quando però il sonno del proprio bambino continua ad essere disturbato, portando ad un peggioramento della qualità del sonno dell’intera famiglia e ad un aumento inevitabile dei livelli di stress e stanchezza di tutti i componenti risulta importante prendere in mano la situazione per evitare una cronicizzazione del problema. La consulenza sul sonno del proprio bambino può essere utile per comprendere le variabili alla base del problema ed individuare le strategie di risoluzione più adatte per la propria famiglia (clicca qui per approfondire l'argomento).