In una società veloce e pratica, nella quale si cercano
risultati immediati e si porta grande attenzione al corpo, viene dedicato poco
spazio agli aspetti psichici ed emotivi e quando la sofferenza va a toccare
questi piani spesso si reagisce ad essa come se si trattasse di spiacevoli
sintomi fisici: cercando di eliminarla nel più breve tempo possibile.
Ad oggi, esistono ancora numerose resistenze e pregiudizi nei confronti della salute mentale.
L’idea che deve andare sempre tutto emotivamente bene e il pensiero che in presenza di difficoltà emotive importanti queste possano essere considerate normali e risolvibili con il passare del tempo o con l’evitamento del pensiero non risolve in alcun modo il disagio riportato, anzi, rischia di renderlo più intenso, cronico, ed aumentarlo in maniera tale da avere con il tempo numerosi e spiacevoli effetti sulla vita personale e relazionale.
Cerchiamo quindi insieme di capire come potersi orientare nel mare delle sensazioni, emozioni e pensieri che ci causano disturbo.
ASCOLTA IL TUO CORPO
Le sensazioni che provengono dal nostro corpo sono una guida capace di indicarci eventuali turbolenze emotive e di anima che stiamo vivendo. Mal di testa ricorrenti, sensazione di affanno, tachicardia (solo per dirne alcune) sono segnali ai quali è importante porre ascolto. Il corpo si fa più affaticato, dolorante, pesante, nel tentativo di fermarci e chiederci attenzione ed aiuto. Impariamo allora ad accogliere la sua richiesta e a comprendere cosa potremmo fare per poter stare meglio: rallentare? Prenderci più spazio per noi? Fare una attività che ci appassiona? Ritornare a respirare profondamente e consapevolmente? Qualsiasi sia la tua idea a riguardo prova a metterla in atto e vedere come va. E’ solo il cambiamento delle abitudini che può aiutarci ad uscire dalla situazione di disagio nella quale ci troviamo. Se tuttavia i sintomi persistono, o se sono presenti da molto tempo, parlane con il tuo medico di base e valuta con lui la possibilità di fare visite ed esami che possano approfondire la situazione.
DAI UN NOME ALLE TUE EMOZIONI
A volte il motivo della propria sofferenza emotiva è molto chiaro, altre si presenta come un’ombra che va a coprire ogni ambito della nostra esistenza. Così come abbiamo prestato ascolto al corpo, prestiamo ascolto ai nostri pensieri ed emozioni, cerchiamo di fare ordine, definire, creare un contenitore per questo contenuto che si e ci muove interiormente. Riusciamo ad esprimere come ci sentiamo? Possiamo parlarne con qualcuno di a noi fidato, capace di accogliere le nostre emozioni senza giudizio? Abbiamo pensato di poterci confrontare con qualcuno che sta vivendo la nostra stessa difficoltà? L’isolamento emotivo porta a chiudersi in sé stessi, indossare maschere che risultano come forzature, allontanarsi sempre più non solo dagli altri ma anche da noi stessi. Condividere potrebbe farci sentire meno soli, più accolti, meno diversi, più uniti.
E SE QUESTO NON FUNZIONA?
Avrai quindi compreso, attraverso questi spunti di riflessione, che la sofferenza emotiva non è segno di debolezza o follia ma uno stato che caratterizza la nostra umanità, al pari della gioia e del piacere. Fuggire da essa significa fuggire da una parte di noi che ci sta chiedendo aiuto e che, se accolta, può rivelarsi addirittura trasformativa e benefica. Non sempre, tuttavia, è semplice gestirla autonomamente o attraverso il supporto delle persone a noi care. Quando le nostre sensazioni, i nostri pensieri, le nostre emozioni legate al disagio che stiamo vivendo guidano l’andamento delle nostre giornate, facendoci sentire confusi, disorientati, lontani da noi stessi, è arrivato il momento di chiedere aiuto ad un professionista della salute mentale. Nell’articolo “Come scegliere lo psicoterapeuta adatto alle proprie esigenze” puoi trovare alcuni chiarimenti a riguardo. Qui, semplificando, ti dirò che le principali figure di riferimento sono lo psicoterapeuta e lo psichiatra. Purtroppo, come dicevo prima, esistono numerosi pregiudizi e resistenze riguardo a queste professioni, ben esplicate dall’affermazione “Io non ne ho bisogno, non sono pazzo”. Il disagio psichico assume diverse sfumature e connotazioni ed una convinzione di questo tipo potrebbe risultare deleteria perché potrebbe avere come comportamento conseguente o l’evitamento del problema o il contattare qualsiasi altro tipo di figura purchè non inizi con “psi”. ATTENZIONE! E’ importante scegliere consapevolmente. Quando hai avuto un problema agli occhi ti sei rivolto ad un oculista o a una qualsiasi altra figura? Ti faresti operare da un medico chirurgo a da qualsiasi altra figura? Con le emozioni il ragionamento è analogo e le emozioni vanno a braccetto con quello che è “psi”.
ALLORA SARA’ MEGLIO INIZIARE UNA PSICOTERAPIA O PRENDERE DEGLI PSICOFARMACI?
Non esiste una risposta unica ed è necessaria una valutazione del caso. In generale, però, è importante sapere che gli psicofarmaci agiscono a livello del sintomo, migliorandolo, ma non a livello della radice della sofferenza, sulla quale invece lavora la psicoterapia.
Un intervento preliminare esclusivamente tramite psicofarmaci è utile nel caso in cui il grado di sofferenza sia tale da alterare il proprio modo di entrare in relazione con la realtà e le altre persone. Una volta ripristinato un equilibrio in questo senso la psicoterapia svolge un ruolo centrale perché permette di esplorare ed affrontare il proprio vissuto, mettendo in atto un cambiamento profondo nel proprio modo di affrontare non solo la situazione che crea disagio ma anche il modo di vivere la propria vita. La psicoterapia permette quindi di far luce sulle proprie risorse, sulla propria unicità, sulla possibilità di definirsi soggetti attivi nella costruzione del proprio benessere ed equilibrio.
In alcuni casi, quando la persona si trova in uno stato di sofferenza tale da influenzare in maniera importante la sua quotidianità, pur mantenendo un buon esame di realtà, può essere utile integrare psicoterapia e psicofarmaci. Il farmaco fa quindi da stampella, permettendo alla persona di limitare il proprio livello di disagio ed affrontare con maggiore chiarezza i contenuti dolorosi, senza essere travolta da essi.
La valutazione viene fatta da personale qualificato (psicoterapeuti e/o psichiatri) e mi raccomando NO ALL’AUTOMEDICAZIONE perché mia madre/padre/zia/amico ecc. prende anche lui il tale psicofarmaco e me l’ha prestato…intanto per qualche goccia cosa potrà mai succedere??
GLI PSICOFARMACI NON SONO CARAMELLE
Siamo talmente abituati ad intervenire in maniera sintomatica, ovvero provo un disturbo e prendo un farmaco così mi passa, che rischiamo di trasferire questo atteggiamento anche nell’ambito della sofferenza psichica. Così però non funziona ed una volta passato l’effetto del farmaco il disagio tornerà uguale a prima, se non peggio. Gli psicofarmaci devono essere prescritti da un medico psichiatra e la terapia va seguita in maniera attenta sia in termini di introduzione che di prosecuzione e scalaggio del farmaco.
PER CONCLUDERE
L’organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale. Stare bene non significa non essere malati, ma vivere in uno stato di equilibrio mente-corpo. Siamo una unità complessa all’interno della quale fisico e psichico si influenzano costantemente. Siamo fatti di carne, ossa, organi ma anche di emozioni. E’ solo tornando a considerarci nella nostra totalità, dando valore ad ogni aspetto che ci abita, che potremo conoscere il vero significato di benessere e autorealizzazione.