IL SOSTEGNO PSICOLOGICO IN CASO DI INFERTILITA’.

L'infertilità rappresenta una ferita nella propria identità, con numerose ricadute sul benessere psicologico individuale e della coppia. Questo rende importante considerare le difficoltà di concepimento non solo sul piano organico, ma anche sul piano emotivo, al fine di mantenere uno sguardo unitario su di sè e sul problema riportato.

LE CAUSE

L'infertilità si definisce come l'incapacità di ottenere una gravidanza dopo almeno un anno di rapporti liberi non protetti.  Le cause che portano a questa situazione possono essere molteplici ed interessare entrambi i partner. L'infertilità maschile deriva principalmente da alterazioni più o meno gravi del liquido seminale. L’infertilità femminile origina da alterazioni anatomiche o funzionali che si verificano a livello degli organi della riproduzione (ovaio, tube, utero). Quando invece gli esami diagnostici non sono stati in grado di individuare alcuna causa specifica si parla di infertilità idiopatica.

Sebbene il problema delle possibili basi psicologiche dell’infertilità sia stato oggetto di un gran numero di studi, non è stato possibile dare risposte definitive riguardo all’influenza dei fattori psicologici nello sviluppo dell’infertilità. E’ comunque possibile, come ampiamente dimostrato nel caso di disturbi psicosomatici, che conflitti psico-emotivi nella donna, nell’uomo o nella coppia possano incidere negativamente sui propri stati d’animo, favorendo la secrezione di determinati ormoni, con effetti negativi sul proprio stato di salute e sulle possibilità di procreare. Un’eccessiva quantità di ormoni dello stress, come adrenalina, endorfina e cortisolo, interferisce infatti con la regolare secrezione degli ormoni sessuali femminili, come gli estrogeni, la prolattina e il progesterone, alterando il ciclo mestruale e l'ovulazione, e complicando, di conseguenza, il concepimento. A riprova di questa teoria troviamo tutte quelle coppie che, non riuscendo a concepire un figlio, subito dopo aver proceduto con l’adozione, riescono a concepire e portare a termine la gravidanza, come se qualcosa si fosse “sbloccato” una volta esaurita l’urgenza della genitorialità.

LE TERAPIE

La terapia dell'infertilità dipende strettamente dalle cause. Si passa da trattamenti medici quali l'induzione farmacologica dell'ovulazione (con compresse o con punture) seguita da rapporti sessuali mirati, alle inseminazioni (induzione farmacologica dell'ovulazione e successiva introduzione del liquido seminale maschile nell'utero). La terapia per l'induzione dell'ovulazione viene effettuata come unica terapia (seguita da rapporti mirati), come terapia preliminare a inseminazioni o come terapia preliminare per tecniche di procreazione assistita (FIVET, ICSI, GIFT). Nei casi di infertilità di coppia più complessi, o resistenti alle terapie di primo livello (induzione farmacologica dell'ovulazione seguita da rapporti mirati, o inseminazioni), o con entrambe le tube danneggiate, si passa alle cosiddette tecniche di fecondazione assistita.  Tali tecniche garantiscono tassi di gravidanza variabili tra il 15 ed il 30% a tentativo. Sono impegnative dal punto di vista della paziente (iniezioni, dosaggi ormonali, ecografie ripetute, un piccolo intervento chirurgico) ed alle volte generano grande stress per la notevole aspettativa che la coppia pone nei loro confronti.

VISSUTI PSICOLOGICI NELL’INFERTILITA’

 L'infertilità , intesa come incapacità  a procreare, tappa fondamentale del ciclo vitale, può costituire un momento di crisi nel vissuto individuale e della coppia.

Al momento della comunicazione della diagnosi di infertilità si può verificare, nella coppia, una sequenza emotiva caratterizza all’inizio da sorpresa, poi da negazione, rabbia, isolamento, vergogna e colpa, quindi può presentarsi la rassegnazione. Altre volte il tentativo di ripristinare la funzione procreativa ad oltranza, con qualsiasi mezzo disponibile, prende il sopravvento al sentimento di rassegnazione.

Di fronte alla diagnosi di infertilità si pone inoltre l'esigenza di fare delle scelte molto importanti come quella di adottare, ricorrere ad un trattamento di PMA o accettare di vivere senza figli. Iniziare un percorso di PMA significa, in primo luogo, essere disposti a tollerare l’incertezza del risultato a fronte di un investimento emotivo, economico e organizzativo enorme. Un ciclo di speranza e di delusione che può ripetersi molte volte, e che pone la necessità continua di fare delle scelte, di prendere delle decisioni, e soprattutto, di mettersi continuamente in discussione per decidere per quanto tempo ancora andare avanti.

La maggior parte delle coppie che ricevono una diagnosi di infertilità sembra reagire rinforzando il legame affettivo che li unisce, attivandoli nella prospettiva di superare, insieme, il disagio indotto dalla presa di coscienza della loro difficoltà procreativa. In un limitato numero di coppie, la comunicazione della diagnosi di infertilità genera una crisi. Queste diverse reazioni da parte della coppia dipendono dal progetto esistenziale, più o meno esplicito, sul quale la coppia si è creata e ha mantenuto il legame nel tempo. Per molte coppie la capacità  di concepire e diventare genitori rappresenta un qualcosa di profondamente radicato nella definizione di femminilità  e mascolinità , nell'identificazione della propria identità  che spesso determina il significato dell'esistenza. La nascita dei figli può quindi rappresentare uno dei fondamenti attorno a cui la coppia crea la propria relazione. La crisi nasce quindi nel momento in cui la capacità  di generare un figlio viene meno.  Oltre alle problematiche che si possono creare all’interno della coppia a causa della progettualità fondante la coppia, l’infertilità comporta anche una serie di disagi nell’ambito della sessualità a causa dell’invasione del privato. Iniziare delle terapie mediche significa anche essere controllati nell’espressione della propria sessualità, con il rischio di una diminuzione dell’eccitazione nel tempo dovuta ai rapporti forzatamente mirati. I problemi sessuali che possono instaurarsi a seguito di una diagnosi di infertilità possono causare disagi sia dal punto di vista della coppia che individuale e per tale motivo non vanno sottovalutati.

Dal punto di vista individuale, non poter avere figli causa sensazioni di perdita e vuoto che possono dar origine a depressione, ansia, sentimenti di vergogna e fallimento per non aver potuto realizzare appieno la propria identità sessuale. Per molte donne non avere figli può avere un significato di fallimento, di svilimento fino all’abbassamento dell’autostima. Se la donna trova la sua identità solo come madre, e non riesce a vedere in sè valore altro, allora la situazione psicologica può prendere percorsi tortuosi e dolorosi. Anche l’uomo soffre per la mancata paternità, seppure in modo diverso. Se la donna infatti tende ad esprimere maggiormente il disagio sul piano emotivo, ad esempio attraverso ansia e tristezza, l’uomo tende ad esprimerlo maggiormente sul piano comportamentale, ad esempio lavorando di più, o attraverso somatizzazioni.

Oltre ai disagi che possono colpire la coppia e i singoli individui si possono evidenziare anche difficoltà nelle relazioni familiari e sociali, e tendenza all’isolamento. In particolare, tutte le occasioni sociali che propongono la presenza di bambini, fanno riemergere di continuo l’impossibilità a generare, causando notevole disagio.

AFFRONTARE L’INFERTILITA’

La diagnosi di infertilità rappresenta una ferita nella propria identità, la perdita di un progetto e di un desiderio, un vero e proprio lutto che richiede la giusta considerazione per poter essere elaborato. Il lavoro dello psicologo in questi casi può essere fondamentale, agendo sia sul piano individuale che su quello relazionale di coppia.

Un intervento di tipo psicoterapeutico permette:

  • di dar voce al dolore,
  • di comprendere eventuali blocchi e/o traumi psichici legati alla maternità/paternità in modo da poterli affrontare con successo,
  • di favorire una maggiore conoscenza e consapevolezza di sé e del legame di coppia
  • di iniziare a considerare la complessità della propria identità al di là della genitorialità.

Il poter dare un nome al dolore e verbalizzare vissuti spesso mai detti può far migliorare lo stato di salute in generale e quindi aumentare la stima di sè, così da ritornare a vivere meglio, se non addirittura, risolvere il problema.

Per scoprire quale è la mia formazione in questo ambito e come posso aiutarti clicca qui.